Racconto: Fedeli a se stessi

Ecco il mio racconto che partecipa alla XXVI Challenge di Raynor’s Hall!

Il tema è “Fedeltà”

Racconto: Fedeli a se stessi

di Sara Tricoli

Le ragazze erano emozionatissime per questo evento, erano settimane che si preparano a dovere. Finalmente gli ospiti stavano arrivando e tutto procedeva bene, ogni dettaglio era stato curato e la serata sembrava serena.  Si appartarono un attimo per ammirare il loro operato, ma soprattutto per riprendere fiato, sorridenti e felici fecero un brindisi tra loro congratulandosi felici. L’inaugurazione della nuova galleria d’arte stava avendo un successone.

«Guarda è arrivata Melinda.» Disse improvvisamente Lucia. Era tanto che non vedono l’amica ed erano felici che aveva trovato il tempo di passare.

Sonia si girò e rimase sbalordita: «Ma quello con lei non è il responsabile del magazzino?»

Lucia osservò meglio il ragazzo che accompagna l’amica e annuì commentando con un semplice: «Pazzesco!» 

Melinda e Francesco erano entrati mano nella mano. Solo dopo aver salutato Carlo e Jordan e scambiato qualche parola con loro, Melinda si guardava intorno, forse cercava le amiche. Era proprio così, perché appena le ebbe individuate, si congedò dagli uomini e andò loro incontro, con un gran sorriso sulle labbra.

«Ragazze, che bel lavoro avete fatto: gli addobbi, il rinfresco, è tutto meraviglioso. Complimenti!» Esordì.

«Grazie,» le rispose gentile Sonia.

Invece Lucia, che era meno diplomatica, afferrò l’amica per un braccio e tirandola più vicina a sé, le chiede: «Cosa ci fai con Francesco, uscite insieme? Da quando?»

Melinda sorride di più e annuì lasciando le amiche a bocca aperta. «Lo so che sembra strano, ma sono già quasi sei mesi che usciamo insieme.» Si voltò furtiva a osservarlo. Era dove l’aveva lasciato, stava chiacchierando serenamente con Carlo e Jordan. Sorrideva, anzi rideva, ridevano tutti, forse per qualche battuta tra uomini. Melinda si ritrovò nuovamente a pensare che quel ragazzo era una continua scoperta: sapeva rapportarsi con ogni genere di persona. Non sembrava essere mai a disagio o in imbarazzo e lei non sapeva proprio come faceva. Era stato proprio una piacevole scoperta. 

Sorrise rapita, ma un leggero pizzicotto ricevuto sul braccio la riportò alla realtà. 

Ovviamente era stata Lucia, che la sgridò: «Che cavolo combini, ti sei messa con un magazziniere? Una come te, con tre lauree? Con una carriera da far invidia?» 

Una smorfia di disapprovazione compare all’unisono sul viso di Sonia e Melinda.

Lucia comprese di aver esagerato  e cercò di correre ai ripari: «Ok d’accordo, è inutile che fate quelle facce, lo so anch’io che non c’è nulla di male a fare il magazziniere, ma credevo che il tuo tipo fosse un altro.»

«Francesco è sorprendente, se lo conosceste…» Disse Melinda, con un palese tono di ammirazione nella voce.

Lucia scoppiò a ridere: «Ho capito, ho capito: ci sa fare! Dopo tutto, è una cosa risaputa!» 

Questa volta fu lei a ricevere un pizzicotto, ma da Sonia, che l’apostrofò: «Smettila di dire stupidaggini, non vedi che la nostra amica si è innamorata? Guarda i suoi occhi.»

Lucia tornò seria e osservò l’amica più attentamente. Melinda non si era arrabbiata, conosceva Lucia, sapeva che non voleva essere cattiva e poi… anche per lei era del tutto incomprensibile, ma era tutto vero e sorrideva felice.

«Racconta, com’è accaduto.» Chiede Sonia, che era felice nel costantane la gioia che prova la sua dolce amica.

Melinda inizia il suo racconto: «Vi ricordate la cena organizzata da alcuni colleghi, qualche mese fa?» 

Le ragazze annuirono, non erano intervenute a quella cena, e non sapevano nemmeno che fosse andata l’amica, di solito loro non partecipavano mai a quegli eventi che includevano tutti i dipendenti della sempre più grande azienda. 

Melinda proseguì il racconto: «Anna ha insistito veramente tanto perché andassi con lei. Mi è venuta a prendere e siamo andate a cena. È stato abbastanza piacevole, anche se mi sentivo un pochino a disagio. Di vista conoscevo tutti, ma io lavoro prevalentemente da sola, ho solo contatti sporadici con gli altri, viaggio molto e… » non si dilungò molto in questa spiegazione. Le amiche sapevano benissimo che il suo lavoro la portava spesso all’estero e che i suoi contatti erano prevalentemente con artisti e clienti importanti. Conosceva ben cinque lingue e l’arte non aveva segreti per lei; ormai da qualche anno era una manager molto importante per l’azienda. 

Melinda parlava del disagio provato nel dopocena. «Insomma dopo hanno deciso di andare in un locale, una specie di discoteca per ballare il liscio. Io non avrei voluto, ma Anna mi ha promesso che ci saremmo state pochissimo.»

«Figuriamoci!» Sbuffò Lucia. Tutti conoscevano le vane promesse di Anna. Lei non si faceva mancare nessuna cena, nessun aperitivo, nessuna uscita.

«Lo so, ma cosa dovevo fare. Ero in macchina con lei e mi sembrava brutto obbligarla a tornare a casa.» Si giustificò Melinda.

Sonia le sorrise. «Avrei acconsentito anch’io, anche se poi non avrei ballato e quindi mi sarei annoiata tantissimo.»

«Infatti,» proseguì l’amica. «Sono rimasta seduta tutto il tempo, mentre gli altri ballavano. Per un po’ c’è stato Antonio vicino a me, ma quando gli ho fatto ben capire che non ero interessata, mi ha lasciata perdere e se n’è andato. Comunque ero tranquilla, sorseggiavo il mio drink e guadavo gli altri ballare. Fino a quando non è comparso Francesco. Si è seduto un po’ distante da me, aveva in mano una birra che sorseggiava tranquillo, guardando anche lui le persone che ballavano. Io ero al centro del divanetto, mentre lui sul bordo e spesso delle belle ragazze gli andavano vicino, forse per invitarlo a ballare, ma lui  evidentemente rifiutava. Dopo l’invito dell’ennesima ragazza, mi si è avvicinato. Mi ha chiesto se poteva stare seduto vicino a me, in modo da non essere più disturbato. Avete notato che occhi particolari ha? Sono grigi, ma quella sera, in quel locale, con quelle strane luci, erano di un blu intenso. Affascinanti!» Sospirò persa nel ricordo.

Lucia ne approfittò per dire la sua: «Nessuno mette in dubbio che sia un ragazzo stupendo. Infatti ha anche una certa fama.»

Melinda sorrise amaramente. «Lo so.»

«Noi siamo solo preoccupate per te, non vorremmo soffrissi.» Si apprestò a precisare Sonia.

«So anche questo, ma per ora non posso proprio dire nulla in merito. È stato tutto così strano, sia per me che per lui. Dopo un po’ che eravamo seduti vicini, lui mi ha chiesto perché non ballavo, se mi stavo annoiando… perché non andavo via, piuttosto che stare lì in disparte. Allora gli ho spiegato che ero in macchina con Anna e stavo aspettando si decidesse ad andare. Dopo un lungo momento di silenzio, come se stesse decidendo cosa fare, si è offerto di darmi un passaggio. Potete immaginare la mia sorpresa…»

QUELLA SERA:

«Ma come faccio… e Anna?» Gli chiese.

«Non mi sembra che lei si sia fatta molti problemi a lasciarti qui da sola!» Disse risoluto, guardandola negli occhi.

Melinda si sentì un po’ scossa, ma dopo tutto lui aveva ragione. In più le stava venendo un gran mal di testa e desiderava veramente andarsene il prima possibile. Dopotutto, anche se non si conoscevano bene, lui era un collega, si poteva fidare.

«Ok ti ringrazio. Però prima devo avvisarla.» Disse risoluta.

«Beh non sarà facile in mezzo a tutto questo casino, mandale un messaggio!» Risolse il problema.

Melinda rimase a bocca aperta. A lei non sarebbe mai venuto in mente di “mollare” un’amica così. Però, effettivamente, non è che Anna si fosse fatta chissà quali problemi…

«Ok.» Gli rispose e afferrando la giacca e la borsetta si alzò in piedi. 

Senza dire altro, andarono verso l’uscita e raggiunsero la macchina di lui. Era un Range Rover dal colore poco definibile, considerato il fatto che era parzialmente ricoperta da fango.

«Scusa non ho avuto tempo di pulirla.» Si scusò lui, ma senza troppa convinzione, quasi fosse una frase fatta di nessuna importanza.

«Hai fatto un po’ di fuori strada?» Chiese, sapendo già la risposta.

«Quando posso, la domenica…» non aggiunse altro sull’argomento.

Salirono in silenzio e lui iniziò a guidare. «Qual è il tuo indirizzo?» Le chiese gentile.

«Via Michelangelo.» Rispose lei che aveva appena finito di scrivere il messaggio ad Anna. Riposto il cellulare si accoccolò sul sedile. Si rilassò. In quell’auto c’era un vago profumo di natura… la guida di Francesco era tranquilla e si sentì cullata. In silenzio girarono per le strade della città, non si pose nemmeno il problema di dare indicazioni, il ragazzo dava l’impressione di sapere esattamente dove doveva andare. Quando infilarono la sua via, lei indicò il palazzo dove c’era il suo appartamento e lui si parcheggiò proprio vicino all’ingresso. 

Francesco si voltò verso di lei. «Arrivati!» Esclamò.

A lei sembrò quasi di destarsi da un sogno. «Abbiamo fatto in fretta!» Si stiracchiò e aggiunse: «Vuoi salire? Ti offro qualcosa da bere.»

Lei guardava dritta davanti a sé, aveva un aria innocente, l’invito le era uscito così, senza un perché, si sentiva stranamente a suo agio.

Francesco, da canto suo, fu veramente sorpreso e per un attimo credette di aver capito male. Rimase in silenzio e fermo, in attesa che lei chiarisse le sue intenzioni.

Melinda si girò a guardarlo e ripeté: «Dai sali? Oppure volevi tornare al locale?» 

Francesco, che non aveva per nulla intenzione di tornare in un posto dove non sarebbe nemmeno andato la prima volta, spense il motore della macchina e scese.

Melinda cercò le chiavi e fece strada. Aprì il portone, salirono per le scale, il suo appartamento era al secondo piano. Aprì la porta e accese la luce. 

Francesco si ritrovò in un piccolo disimpegno, notò che lei che si sfilava le scarpe e la imitò. Il pavimento era ricoperto da parquet, caldo e liscio. 

«Vieni accomodati.» Lo invitò lei. 

Lui fece qualche passo, sulla sua sinistra, una porta semi aperta, rivelava il bagno. Di fronte a sé sulla parete a destra c’erano degli scaffali pieni di libri. Rimase affascinato dalla moltitudine e dalla varietà. Un altro paio di passi e si ritrovò in una stanza abbastanza grande da ospitare un cucinino sulla parete difronte, un piccolo tavolo appoggiato al muro con due sedie intorno, alla sua sinistra padroneggiava un grande divano. Ma quello che fu una vera sorpresa, era l’immenso televisore piatto appeso nella parete sopra il tavolo.

«È enorme!» Esclamò senza rendersi conto.

«Lo so, stona nel mio piccolo monolocale, però mi serve così.» Disse decisa.

Francesco distolse lo sguardo dal tv per guardarsi intorno. Melinda viveva in un monolocale veramente minuscolo. D’altra parte anche lei era un donna minuta. Cose alta un metro e cinquanta, con lunghi capelli castani leggermente ondulati, un vicino da bambina, con due occhi scuri, delle labbra sottili e un nasino piccolo piccolo. La osservò mentre rovistava in un mini frigorifero posto sotto il top, improvvisamente si girò verso di lui con un gran sorriso e mostrandogli due bottiglie. 

«Dunque ho da offrirti: birra, bourbon, oppure preferisci un caffè o un tè?» 

«Bourbon…» Disse stupito che lei bevesse whiskey, ma Melinda la prese come una risposta.

«Anche a me piace molto. Mi è stato portato da un cliente dagli Stati Uniti, è veramente di ottima qualità. Ci vuoi del ghiaccio o lo bevi liscio?» Chiese allungandosi a prendere due bicchieri dal mobiletto sopra il lavandino.

«Ghiaccio, grazie.» Rispose in automatico, ancora sbalordito.

Poco dopo Melinda gli era accanto e gli porgeva il bicchiere. Quando lui lo prese fece tintinnare i due bicchieri esclamando: «Alla salute!» E bevve un lungo sorso.

Francesco rimase immobile, incredulo di trovarsi davanti alla stessa persona compita che era solito intravedere durante le ore di lavoro. Ora le appariva così disinvolta e semplice.

«È di ultima generazione credo si dica: 4k… o una roba così.» Spiegò lei indicando il tv.

«80 pollici?» Chiese il ragazzo, ruotando il liquido nel bicchiere senza però berlo.

«75.» Specificò lei, bevendo un altro sorso.

«Sei appassionata di cinema?» Chiese per trovare una spiegazione a quella presenza.

«Anche, ma non è per quello che l’ho acquistato. Ti faccio vedere.» Fece un passo avanti e appoggiò il bicchiere sul tavolo per poi afferrare il telecomando. Pigiando qualche tasto e accedendo a un menù, selezionò una porta usb, il tv iniziò a riproporre delle immagini: dipinti, per lo più. Erano enormi e particolareggiati in un modo eccezionale.

Francesco comprese perché lei aveva detto che gli serviva così: aveva bisogno di grandezza, ma anche di definizione per poter ammirare ciò che l’appassionava. Si voltò a guardarla e sul suo viso scorse l’Amore, un amore puro e incondizionato per un qualcosa che la rapiva e affascinava. Le immagini si susseguivano a ognuna di esse corrispondeva una particolare espressione. Gli impercettibili mutamenti del tratto del suo volto, non sfuggirono a Francesco che ne fu stregato. Fece un passo in avanti, avvicinandosi a lei e appoggiando il suo bicchiere sul tavolo, per avere le mani libere. Una l’appoggiò delicatamente sulla schiena di lei, facendola ruotare leggermente verso di sé, prima di baciarla teneramente.

Lei corrispose.

Un bacio intenso, ma gentile. 

Quando le loro labbra si disunirono, senza allontanarsi troppo, lui sussurrò: «Buono questo Bourbon. Dovresti ringraziare il tuo cliente.»

Lei sorrise appena e lui ne fu deliziato. La baciò di nuovo e ancora, e ancora; cingendola con le braccia in una stretta sempre più intensa e appassionata.

Forse al quarto o quinto bacio, si staccano facendo un piccolo passetto indietro. Avevano il fiato un po’ corto e si guardavano negli occhi intensamente. Nessuno dei due disse nulla.

«Sono in trattativa con la mia vicina, forse mi vende un locale di casa sua. Così potrò spostare il tv in una stanza più grande.» Spiegò senza un perché.

Francesco era sorpreso, sembrava volesse far finta di nulla. Eppure durante i baci non sembrava le dispiacesse, anzi. La loro intesa fino a quel momento sembrava ottima, ma forse si era sbagliato.

Stette al gioco: «In che senso ti vende un locale?»

«Dietro a questa parete,» e indicò quella dove c’era appeso il tv. «Ha una grande stanza che non usa. Il suo appartamento è di quattro locali. Quindi se sfondo la parete e chiudo il suo accesso, ho una stanza in più.» Spiegò con un sorriso.

Francesco era un po’ confuso. Forse la ragazza aveva bevuto di più di quel che credeva, e si stava lasciando andare un po’ troppo. Non la credeva il tipo che invita a salire chicchessia. Eppure… l’aveva invitato a salire e ora si lascia baciare.

«Se il prezzo è ragionevole è una buona idea, altrimenti ti conviene cambiare casa. Comprarne una più grande.» Usò un tono neutro, indifferente, ma intanto cercava di studiare il viso di lei, ma non vi leggeva nulla.

«Mi piace questa zona. Vado al lavoro a piedi e i condomini sono persone gentili ed educati. Se cambio non so dove capito.» Disse con naturalezza.

«Capisco. Allora spero che la trattativa vada bene.» Disse indeciso su cosa fare.

«Grazie.» Gli sorrise e poi senza lasciare i suoi occhi gli chiese, con una punta di malizia nella voce: «Vuoi altro Bourbon?»

Francesco non era sicuro di aver capito bene. Intendeva che voleva essere baciata di nuovo? Sondò rispondendole: «Ho ancora il bicchiere pieno.»

Lei sorrise. «Lo so!»

Voleva essere baciata ancora… Lui non si fece pregare. Gli piaceva baciarla, indiscutibilmente c’era una buona chimica fra loro, erano in perfetta sintonia.

Non poteva dire la stessa cosa di altre ragazze…. Anzi… raramente si era trovato così bene.

Si fece prendere dalla passione e il bacio divenne sempre più intenso. Lei collaborava avidamente. 

Durante una pausa, all’unisono si appoggiarono l’un l’altro facendo combaciare le rispettive fronti. Il fiato corto e l’eccitazione che cresceva. Lui si sentì chiedere, con una voce resa rauca dalla situazione: «Intanto che aspetti che la tua vicina si decida… vorrei sapere: dove dorme la piccola Melinda?» 

Lei allungò appena il braccio indicando il divano e dichiarò in un sussurro: «È un divano letto!» Deglutì e aggiunse: «Si apre in un attimo.» 

Melinda si mosse verso il divano, ma lui la fermò. Gli prese il viso tra le mani e le disse: «Possiamo anche fermarci qui!» Le disse guardandola intensamente negli occhi. «Non mi aspettavo nulla accettando il tuo invito.» Specificò.

«Non avevo progettato nulla invitandoti.» Gli sussurrò, guardandolo intensamente negli occhi, per fargli capire che stava dicendo la verità. «Non credevo di essere il tuo tipo…»

«Effettivamente… Nemmeno io credevo di essere il tuo.» Puntualizzò lui.

Lei sorrise: «Effettivamente…» Tornò seria, improvvisamente una consapevolezza la colse: lui non la desiderava! «Se vuoi, possiamo lasciar perdere. So di non essere per nulla attraente, sono abbastanza ordinario.»

Francesco rimase sorpreso. Sembrava lucida e padrona di sé, ma al contempo non capiva come, escludendo il troppo alcool, potesse essere delusa che lui non volesse andare fino in fondo.

«Certo che ti trovo attraente, non mi sei mai sembrata una persona ordinaria. Però forse, questa sera… » non finì la frase per educazione, non poteva rivelare i suoi sospetti.

Melinda rise, si sciolse dalla presa di lui facendo un passo indietro. «Credi che io sia brilla? Pensi che sia questo il motivo per il quale ti ho invitato a salire? Pensi che mi stia lasciando andare sotto gli effetti dell’alcool.» Rise ancora prima di tornare seria, estremamente seria. «Ho bevuto acqua a tavola e mezzo drink analcolico in discoteca. L’unico alcool che ho assunto, sono stati quei due sorsi di Bourbon.» Spiegò.

«Scusa, non volevo…» Cercò di rimediare, non voleva certo giudicare.

Lei decise di essere franca e gli disse determinata: «C’è attrazione tra di noi, lo hai percepito anche tu? Non quella dei film, dove si strappano i vestiti di dosso, ma c’è qualcosa… se sbaglio dimmelo!» Alzò appena un sopracciglio, come a pretendere una risposta.

Francesco comprendeva perfettamente cosa intendeva. Lo aveva percepito subito, da quando le si era seduto accanto in quel locale: come una piacevole scossa.

Eppure… non era stato solo quel momento, anche al lavoro, qualcosa in quella ragazza lo aveva sempre attratto. Una strana sensazione lo invadeva ogni volta che la incrociava. Quando aveva sentito che sarebbe andata a quella cena, non aveva esitato un attimo, si era presentato al ristorante, pur rimanendole lontano. 

«Non sbagli!» Fu la semplice risposta di lui. 

Lei sorrise e ritornandogli vicino, gli fece scivolare le sue braccia intorno al collo per baciarlo. Questa volta l’iniziativa era sua e a lui non dispiacque.

Il divano letto fu aperto poco dopo, in un attimo.

Più tardi si ritrovarono distesi sotto le lenzuola, abbracciati e appagati.

I loro respiri erano l’unico suono e le immagini di dipinti meravigliosi illuminavano la stanza, cambiando il colore di ogni oggetto.

«Devo andarmene?» Chiese lui, accarezzandole il braccio di lei che lo cingeva delicatamente.

«Solo se vuoi andartene!» Gli rispose tranquilla.

«Sicura che non è un problema se dormo qui?»

«Nessun problema per me.»

Lui girò il viso per trovare quello di lei e baciarla. «Magari, però, dormiamo più tardi.» Le propose e lei accettò.

La mattina dopo si alzarono, fecero colazione insieme e quanto lui dichiarò di dover andare al lavoro, ci fu un momento di imbarazzo. Francesco sembrava tergiversare un po’. Si sfilò le chiavi della macchina dalla tasca e inizio a giocherellarci. Sembrava sul punto di dire qualcosa, ma non parlava.

Melinda aveva paura che volesse trovare un modo per concludere la loro “storia”: finirla prima di cominciare.

Anche lui era indeciso, non riusciva a capire se era stato solo l’avventura di una notte, oppure poteva esserci un seguito. Questa ragazza lo interessava, ma si rendeva conto che erano molto diversi. Si schiarì la voce e iniziò il suo complicato discorso: «So che ci vedremo ancora, o meglio, ci incroceremo al lavoro, di quando in quando. Però volevo sapere se ti interessava… se volevi… insomma, se per caso ti andrebbe di vederci ancora.»

Melinda rimase a bocca aperta.

Francesco fraintese e si apprestò a dichiarare: «Fa niente non preoccuparti, forse era una idea stupida.» Si voltò per avviarsi alla porta quando lo raggiunse un flebile “no”.

Melinda prese coraggio. «Non pensavo fossi interessato a rivedermi… ma io lo sono.» Gli fece un debole sorriso, trattenne il respiro fino a quando lui non le sorrise guardandola con i suoi meravigliosi occhi.

Aveva un sorriso tirato, imbarazzato e se era possibile a Melinda parve ancora più bello con quella buffa espressione.

«Quando?» Le chiese, cogliendola alla sprovvista.

«Non saprei, tu quando sei libero?»

Sorrise: «Sei tu la donna manager. Io ogni sera timbro alle 18 e poi gestisco il mio tempo come più mi piace.»

Lei rifletté in attimo e poi iniziò ad elencare i suoi impegni: «Domani ho una cena di lavoro con un artista… dopodomani devo andare fuori città e non so a che ora rientrerò…»

«Non devi farmi il resoconto dei tuoi impegni.» Le specificò disarmato. Forse questa era una storia troppo complicata e se non fosse che insieme a quella strana ragazza si era trovato inspiegabilmente bene, non si sarebbe mai sognato di approfondire la conoscenza. 

Melinda sembrava leggergli tutti i dubbi che gli stavano attraversato la mente e butto lì in un soffio: «Questa sera?»

Lui sorrise compiaciuto. Pensava di essere stato scaricato e invece lei sembrava interessata quanto lui.

«Troppo presto?» Gli chiese insicura.

«No. Per me va bene. Cena? Passo io, verso le otto?» Chiese mantenendo il suo sorriso soddisfatto.

Lei annuì e quando lui fece per muoversi gli andò vicino. Gettandogli le braccia al collo gli diede un bacio. Lui non si fece pregare e, anche se da prima ne rimase sorpreso, contraccambiò con entusiasmo.

«Buona giornata» Gli sussurrò lei prima di sciogliere l’abbraccio e lui: «Anche a te.» E uscì.

ALL’EVENTO:

Ovviamente alle amiche il racconto si fermò con l’invito a salire e un breve cenno al fatto che lui si era poi fermato per la notte. Brevemente raccontò del secondo invito per la sera, l’invito di lui a trascorrere insieme la domenica e che tutto accadde con una naturalezza disarmante. 

Sia Sonia che Luisa erano a bocca aperta. Non credevano che l’amica potesse essere così spregiudicata. Vedendola raggiante di felicità, però, si complimentarono per il suo coraggio.

«Non so spiegarvi ragazze, ma, anche se siamo molto diversi, per esperienze, per studi, per tutto… Stiamo insieme come se fossimo una vecchia coppia. C’è intesa, c’è armonia. Lui è molto comprensivo verso i miei impegni lavorativi e si presta ad accompagnarmi ogni volta che può. Sorprendentemente, è a suo agio anche in situazioni che non avrei creduto potesse essere tanto disinvolto. Guardatelo!» Si voltò a indicarlo. «Sta parlando con i suoi datori di lavoro, di chissà cosa e sembra che stia parlando con degli amici qualunque. Qualche volta è venuto con me a degli aperitivi di lavoro o delle cene con artisti e sembrava perfettamente integrato. Partecipa ai nostri discorsi con commenti pertinenti, mi stupisce continuamente. È incredibile. La cosa più assurda che lui dice le stesse cose di me, quando usciamo con i suoi amici, quando lo accompagno a fare ciò che piace a lui.»

Fece un profondo respiro.

«Non è il buzzurro sciupa-femmine che dicono in giro allora?» Chiese Lucia diretta.

«Non è molto tempo che ci frequentiamo, ma per ora, fila tutto super liscio… sorprendentemente, incredibilmente, stiamo bene senza limitarci o costringerci in atteggiamenti o nel comportamento. È tutto estremamente naturale… ne ho quasi paura.» Ammise arrossendo.

«Perché dici così?» Le chiese preoccupata Sonia.

Melinda scosse la testa. «Nessun motivo in particolare, ma sinceramente non ho mai avuto una storia come questa. Non che io abbia avuto chissà quanti fidanzati, ma era sempre molto faticoso far combaciare i miei impegni, i miei studi con la vita di coppia e c’erano sempre discussioni e ripicche. Lui è accondiscendente. Non sembra nemmeno gli costi fatica.»

«Magari è proprio così. Siete semplicemente in sintonia.» Dichiarò Lucia con un sorriso, incoraggiando l’amica.

«Esatto. Forse a lui non dispiace, anzi, forse il tuo lavoro, la tua passione, lo affascina.» Contribuì Sonia.

Melinda sorrise alle amiche e aggiunse: «Però credo che il segreto sia anche un altro e anche questo è merito suo.»

Le ragazze si sporsero un pochino in avanti, come a voler catturare meglio le parole di lei, che proseguì: «Fin dall’inizio lui mi ha ripetuto che avremmo dovuto essere sempre fedeli!»

«Ovvio, chi mai ti dirà apertamente: “però ogni tanto ci facciamo qualcuno altro?”» Disse irriverente Lucia.

Melinda rise e cercò di spiegarsi: «No, il concetto è che dobbiamo restare FEDELI A NOI STESSI. Mi ha detto che mai e poi mai avrei dovuto mettere da parte me stessa per compiacere lui, e lui avrebbe fatto lo stesso. Solo così saremo stati veramente felici.»

Sonia ripeté incantata: «Fedeli a se stessi!»

«Lui dice che solo rispettando noi stessi possiamo rispettare gli altri. Le nostre passioni, i nostri sogni non devono subire variazioni. Se poi tutto si incastra, se tutto combacia, allora è vero Amore. Sembra una sciocchezza e invece…» Cercò di spiegare Melinda, ma fu interrotta da Sonia.

«No, non è una sciocchezza. È fondamentale invece. Nella sua semplicità è il vero segreto per un rapporto felice: non annullarsi o mettersi da parte per l’altra persona, ma continuare a valorizzarsi e crescere, insomma: essersi fedeli a se stessi!»



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Titolo: L’AMORE forse ESISTE  romance contemporaneo autoconclusivo

 

Romanzo rosa storico autoconclusivo ambientato nell’ottocento

 

e un romanzo che parla di una ragazza dislessia nel pieno dell’adolescenza, tra primi amori e problemi di crescita… parlo di Clara SEMPLICEMENTE DISLESSIA

 

 

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