Partecipo al
Il gioco di Aven – Tema: Lista
scusate è un racconto un po’ lungo, ma è un po’ che ho in mente questa “cosa” e insisteva per uscire, quindi ho dovuto accontentarla ^_^
Fatemi sapere cosa ne pensate… e buona lettura
RACCONTO: Una lista per vivere
di Sara Tricoli
Scendo dalla macchina che si è fermata davanti al cancello del palazzo dove abito. Saluto le mie amiche di sempre e mi avvicino all’ingresso frugando nella borsa per cercare le chiavi. Barcollo un po’ e sento quelle sciagurate ridere.
Monica si sporge dal finestrino e sempre ridendo mi chiede se ho bisogno di aiuto per camminare e il coro di schiamazzi che segue mi spinge a fargli una bella linguaccia. Sono insopportabile, ma le adoro e loro adorano me. Sono lì che aspettano di vedermi entrare sana e salva.
Noto che il cancello è solo accostato e non chiuso (accade forse per una cattiva regolazione della molla). Lo spingo, ma prima di varcarlo mi giro di nuovo verso la macchina e le sue occupanti facendo un “ciao ciao” con la mano, come se fossi una bambina piccola. Entro e mi chiudo il cancello alle spalle, inizio a camminare su per il vialetto che mi porterà davanti alla porta vetrata della mia scala.
Sento la macchina partire e allontanarsi.
Questa sera sono venute anche Francesca e Silvia, nonostante entrambe abbiamo dei bambini piccoli e dei mariti poco felici nel saperle in giro senza di loro. Oggi non potevano mancare!
Mi rimetto a cercare le chiavi nella borsa, ma non le trovo. Mi avvicino alla luce di un lampione per guardare nella borsa, ma ho la vista offuscata, non capisco come mai. Mi passo la mano sugli occhi e scopro che sto piangendo.
Mi manchi così tanto.
Cerco di asciugarmi gli occhi, ma nuove lacrime li inondano. È una lotta impari. Mi cade la borsa e mi accascio. Singhiozzo per un po’ e poi mi calmo, non posso dare spettacolo… se mi vedesse qualcuno morirei dall’imbarazzo.
Trovo le chiavi, mi alzo e raggiungo il mio appartamento: entro. Accendo la luce ed è anche peggio. Guardo l’appartamento come se non fossi uscita solo quattro ore prima. Non è il nostro appartamento, quello l’ho lasciato da più di un anno… non riuscivo a starci. Però, anche se qui non ci sei mai stato, ti rivedo in ogni angolo, in ogni dettaglio; eppure ogni mobile, ogni quadro, ogni oggetto è nuovo, non ho tenuto nulla. Non c’è nulla di te, eppure sei qui e nello stesso tempo non ci sei.
Ritorno a quella giornata, la vivo e la rivivo di continuo, nei momenti più disparati sento il petto che mi brucia e mi manca il fiato. Annaspo alla ricerca dell’aria che non trovo. Ripenso a quella telefonata, alla corsa al pronto soccorso, ripenso a te: steso immobile! Nemmeno il tempo di un ultimo saluto… mi hai lasciata così!
Come fa a finire tutto in un attimo? In un semplice e fugace attimo eterno…
Avanzo stancamente e arrivo al letto. Ho comprato un letto singolo, non vorrò mai più dividere il letto con qualcun altro e quindi non mi serve doppio!
Riprendo a piangere disperata, eppure l’avevo giurata a me stessa: niente più sbronze… mi aprono la “diga” e poi non fermo più il pianto. Mi gocciola il naso e singhiozzo cercando di calmarmi.
Oggi è il mio compleanno, anzi lo era… è passata la mezzanotte e tu non ci sei, tu non hai festeggiato con me.
Piano piano mi calmo, mi alzo e vado in bagno. Mi lavo la faccia e mi soffio il naso. Mi guardo allo specchio senza vedermi e decido di struccarmi come si deve. Passo il cotone con il latte, mi metto il tonico e la crema notte. Gesti meccanici, compiuti un po’ scompostamente a causa dell’alcol. Faccio la pipì e inizio a spogliarmi come un’automa… non metto il pigiama, non l’ho mai usato; una lunga maglietta è tutto quello che mi concedo.
Ritorno in camera e anche se cerco di resistere, come un drogato che vuole resistere alla sua dose, mi allontano il più possibile dal comodino. Quello che ho spostato lontano dal letto. Quello che ho coperto con un telo riempiendo il suo ripiano di mille oggettini delicati per impedirmi di strappare via il telo e aprire il cassetto. Quello che ho giurato più e più volte di svuotare, buttando il contenuto che mi fa così male e che è l’ultimo legame che ho con te.
Giro per casa barcollando esausta, cerco di stancarmi ancora di più, cerco di spegnermi.
Le mie amiche volevano solo aiutarmi, ma non sanno che sono queste le serate che non dovrei trascorrere, perché tornando a casa tu mi manchi di più. Vorrei raccontarti ogni dettaglio: del cameriere carino che ci provava con Silvia, la più bella di tutte noi (anche tu me l’avevi confessato); del vino scelto da Francesca che ci siamo fatte cambiare, perché lei non sa proprio sceglierlo il vino; di Monica che ha un nuovo ragazzo, l’ennesimo e che è sempre più fuori di testa…
Vorrei…
Sono davanti al comodino, lo guardo e come una falena attratta dalla fiamma, non so resistere. Mi accascio davanti a lui e con fare attento e minuzioso, come un rituale, sposto tutti gli oggetti delicati: cagnolini, gattini, topini in cristallo. C’è anche la giostra dei cavalli, con tutti i pendenti appesi precariamente… Compio i soliti gesti in assoluto silenzio. Sposto il telo, apro il cassetto ed estraggo il cofanetto. Lo appoggio in grembo e lo apro. Cerco di resistere ma le lacrime scendono silenziose e mi rigano le guance mentre sfoglio le tue foto, le nostre foto, le cartoline, le lettere, i bigliettini… Faccio scivolare tutto fra le mani e il dolore al petto ritorna. Gli occhi bruciano e la testa scoppia, ma non posso fermarmi.
Arrivo al fondo e, quasi incastrato, grande quanto il cofanetto, c’è il quadretto; lo amavi tanto. L’ho disegnato tanti anni fa, quando ancora non ci conoscevamo, eppure in quel ritratto di fantasia ti eri riconosciuto. L’ho sempre guardato senza estrarlo, ma ora mi assale una forte rabbia. Tu lo amavi, ma io lo odio!
Mi sento presa in giro dal mio destino. Se eri mio prima ancora di incontrarti, perché ora non sei più qui con me?
Con rabbia cerco di fare uscire il quadretto, strattono e strattono e alla fine con un urlo lo estraggo, ma si rompe la cornice e va in mille pezzi… due foglietti svolazzano a terra, forse erano dietro il disegno.
Mi asciugo le lacrime e tiro su con il naso, non ricordo quei foglietti. Aggrotto la fronte. Li prendo e leggo scritto in grande al centro: COSE DA FARE:
Sgrano gli occhi e all’improvviso mi ricordo.
Quanto abbiamo riso sulle diverse cose che volevamo fare, quanto ne abbiamo discusso cercando di far conciliare i nostri desideri: io che volevo visitare Parigi e tutti i suoi musei; tu che volevi scalare l’Everest. Io che volevo volare a New York e alle cascate del Niagara; tu rifuggivi il caos e la folla, cecando di trascinarmi nelle isolate baite in montagna… e poi il tuo desiderio di saltare dai ponti, dai punti più improbabili e assurdi con quella specie di tuta alata…
Leggo i nostri propositi e sorrido.
La tua lista: non potrei mai farla, è pazzesca. Rido.
La mia… perché l’avevo dimenticata?
Scorro, punto dopo punto, la mia lista e piano piano sento un senso di sollievo. Improvvisamente le spalle si distendono e mi rilasso. Un sospiro come di sollievo mi apre il petto; mi sento come chi ritrova un qualcosa di importante che credeva perduto per sempre. Dentro di me si riaccende il desiderio di fare ciò che desidero. Sono viva e ho dei sogni, non posso solo sopravvivere.
Guardo in alto, immagino il cielo e sussurro: « Grazie, so che questo è un tuo regalo, » mando un bacio e strizzo l’occhio, come ero solita fare, prima.
Mi alzo in piedi, ignorando tutti i ricordi che cadono a terra, stringo in mano la mia lista e vado a letto.
Ho bisogno di riposo. Devo fare ancora tante cose nella mia vita, devo ancora spuntare la mia lista, non può finire tutto così…
Bellissimo Sara, quello che lanci è un messaggio meraviglioso: non bisogna lasciarsi abbattere da quei disastri che, come una spada di Damocle (ma poi chi era ‘sto Damocle?), ci capitano tra capo e collo; o perlomeno,se succede, ok, però non bisogna far trascorrere molto tempo, e bisogna rialzarsi subito per reagire ed essere più forti.
Un abbraccio forte! ❤
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Grazie dolcissimo Luca, sono contenta che tu abbia apprezzato e compreso cosa intendevo dire. Concordo con il tuo pensiero.
Ti abbraccio anch’io ❤
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Bellissimo! Mia madre ci prova da vent’ anni ma riesce solo a sopravvivere…😞
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Mi dispiace… 😔
Posso solo immaginare il dolore.
Forse, nella mia ignoranza, ho voluto “semplificare” un processo che purtroppo può durare una vita… ma credo fermamente che concentrarsi su se stessi, sui propri sogni, sui propri desideri… potrebbe essere un inizio…
Ma lungi da me il voler giudicare o insegnare…
Un abbraccio grande a te e alla tua mamma ❤️❤️❤️
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Ti ringrazio e ricambio l’ abbraccio. E’ difficile dare una risposta…e’ una questione molto complicata.Buona giornata
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❤
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Bellissimo, Sara!
A volte, dal dolore più grande si può rinascere. Basta trovare la forza per farlo 😊
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Esatto, hai capito perfettamente il messaggio… la forza non è detto che arrivi subito, magari ci vuole un po’. Ognuno ha i suoi tempi e i suoi modi ^_^
Grazie carissima ❤
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Vero! La cosa importante è comunque trovarla questa forza
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esatto! Grazie carissima ❤
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