Un giorno leggendo un libro mi sono resa conto che alcune cose che venivano spiegate a proposito dei dislessici mi calzavano a pennello. Ho iniziato così ad approfondire l’argomento sempre più.
Ci sono diversi gradi di dislessia e credo che sia come le impronti digitali, ognuno ha la sua e anche se è brutto dirlo, chi non è dislessico non può capire.
Per chi non sapesse cos’è e volesse approfondire Associazione Italiana Dislessia
Quello che noto leggendo vari articoli e che si cerca di catalogare e codificare la dislessia, in realtà, sempre secondo me, è una perdita di tempo. Quello che si potrebbe fare e modificare il piano formativo in modo che anche i bambini dislessici possano apprendere senza problemi e senza bisogno di diagnosi o insegnamenti speciali. Tutti trarrebbero benefici, i bambini non dislessici non avrebbero nessun problema, né ritardi nel programma scolastico. Ma ogni cambiamento richiede tempo e a mio parere troppo tempo.
Conosco personalmente casi, ancora oggi, di genitori che lottano perché venga riconosciuto il diritto del proprio figlio dislessico a un giusto trattamento nell’abito scolastico o ragazzi dislessici che vedono la proprie madri piangere perché la vivono come una tragedia. Pazzesco!
La dislessia è un dono (come è espresso benissimo nel “Il dono della dislessia” di Ronald Davis), è vero, certe cose ci riescono meglio, ci sono tanti personaggi famosi che sono ed erano dislessici e grazie a questo hanno scoperto e fatto cose meravigliose, ma quando erano bambini o poco più di tali, hanno sofferto. Questo non è giusto.
Credo che ogni dislessico provi del rancore per il trattamento ricevuto, un certo senso di ingiustizia per un torto subito, come esprime benissimo nel suo libro autobiografico Giacomo Cutrera Demone Bianco, scaricabile gratuitamente.
Io, d’altro canto, ho voluto scrivere un racconto che sfiorasse il tema della dislessia per stuzzicare la curiosità, per far capire cosa può pensare e provare una ragazza dislessica.
Il libro non è assolutamente autobiografico, ma è innegabile che tante cose che prova Clara (la protagonista) le ho provate anch’io. Non ho voluto assolutamente fare un libro denuncia, ma un racconto leggero, come quelli che piacciono a me, sia da leggere che da scrivere. Anche se è innegabile che una leggera rabbia mi assale ogni qual volta penso al trattamento subito e all’etichetta che ancora, purtroppo, a volte, mi sento addosso.
Una ragazza come me, è una ragazza come tante, nulla di speciale, ma nemmeno una nullità incapace e svogliata, ma semplicemente dislessica.